Una società è tanto più civile quanto più le sue carceri sono proiettate alla rieducazione ed al reinserimento.
Ed in questa prospettiva si pone la recente sentenza della Corte Costituzionale, la 10 del 2024.
E’ stato, finalmente, dichiarato illegittimo il divieto assoluto di affettività, che derivava, di fatto, dalla inderogabilità del controllo a vista.
L’art. 18 dell’ordinamento penitenziario oggi dovrà consentire i colloqui senza il controllo al vista con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, quando non ostino motivate ragioni di sicurezza, ordine o disciplina.
Con una luce mentale che, per nostra fortuna, si distacca dal facile e cieco populismo a cui stavamo abituandoci, la Corte Costituzionale ha affermato che “L’ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l’essenza”.
La pronuncia è in linea con la maggioranza degli ordinamenti europei che riconoscono ai detenuti spazi di espressione dell’affettività intramuraria, inclusa la sessualità.
Il principio mantiene possibili ed importanti deroghe quali, a titolo esemplificativo, i regimi detentivi speciali del 41 bis OP o sorveglianza speciale 14 bis.
Le pene sproporzionate o i percorsi carcerari non formativi sono un male per la società.
Le pubbliche impiccagioni, non così lontane dalle odierne gogne mediatiche e facili condanne on line, erano proprie di momenti storici lontani dove delitti e corruzione erano dilaganti, al pari dell’ignoranza.
Avv. Salvatore Galluffo
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