La Corte Costituzionale ha emesso la pronuncia_46_2024, a seguito di una questione sollevata dal Tribunale di Firenze riguardante un caso di appropriazione indebita di 200 euro. La sentenza ha dichiarato che l’innalzamento della pena minima per l’appropriazione indebita, da quindici giorni a due anni di reclusione, previsto dalla legge n. 3 del 2019, è privo di una giustificazione plausibile e quindi costituzionalmente illegittimo.
Secondo la Corte, sebbene il legislatore abbia una discrezionalità ampia nella definizione della politica criminale e nella determinazione delle pene per i reati, questa discrezionalità non può trasformarsi in arbitrio. Qualsiasi legge che limiti i diritti fondamentali delle persone deve essere razionalmente giustificata in relazione a scopi legittimi e i mezzi scelti non devono risultare manifestamente sproporzionati rispetto a tali scopi.
La Corte ha osservato che l’aumento della pena minima per l’appropriazione indebita, deciso nel 2019, era finalizzato principalmente a combattere la corruzione in modo più efficace. Tuttavia, è rimasto oscuro il motivo per cui il legislatore ha deciso di portare la pena minima a due anni, considerando che dal 1931 al 2019 era stata di soli quindici giorni di reclusione. La Corte ha sottolineato che l’appropriazione indebita comprende una varietà di comportamenti con diversi livelli di gravità, alcuni dei quali causano danni significativi, mentre altri, come nel caso specifico, provocano danni patrimoniali modesti. Inoltre, i reati meno gravi di appropriazione indebita, che ricadono nella pena minima, nella maggior parte dei casi non sono correlati a comportamenti che favoriscono la corruzione.
La Corte ha evidenziato che una pena simile è manifestamente sproporzionata rispetto alla pena minima (sei mesi di reclusione) attualmente prevista per furto e truffa, che potrebbero causare lo stesso danno patrimoniale di 200 euro.
Inoltre, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui la pena può essere mitigata dalle attenuanti generiche, sottolineando che il giudice non dovrebbe essere costretto a ricorrere a queste attenuanti solo per evitare pene sproporzionate. Allo stesso modo, l’imputato non dovrebbe essere spinto a scegliere il patteggiamento o il giudizio abbreviato, rinunciando a importanti garanzie difensive, solo per ottenere uno sconto di pena rispetto a una pena altrimenti eccessiva.
Infine, la Corte ha stabilito che la soluzione appropriata per la violazione costituzionale riscontrata è la cancellazione della pena minima, che rimarrà automaticamente fissata a quindici giorni come previsto dal codice penale generale. Sarà quindi compito del legislatore valutare se stabilire una nuova pena minima nel rispetto del principio di proporzionalità tra gravità del reato e severità della pena.
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