Il diritto/dovere di vigilare sulle comunicazioni del minore da parte del genitore non giustifica indiscriminatamente qualsiasi intrusione nella sfera di riservatezza del minore, ma solo quelle interferenze che siano determinate da una effettiva necessità, da valutare secondo le concrete circostanze del caso e comunque nell’ottica della tutela dell’interesse preminente del minore e non già di quello del genitore.

La Corte di cassazione penale, con la sentenza n. 7470/2024 nonostante il parere favorevole del procuratore all’accoglimento con rinvio del ricorso lo ha rigettato.

La recente pronuncia ha sostenuto che l’ascolto e la registrazione da parte della madre di conversazioni telefoniche in vivavoce tra il figlio minore e il padre separato è reato.

Reato che è però scriminato dall’esercizio legittimo del potere che discende al genitore dal diritto/dovere di vigilanza sulla prole.

La scriminante va però valutata ex ante e non esclusivamente in base al contenuto emerso delle conversazioni ascoltate “fraudolentemente”.

È in quel momento, infatti, che occorre considerare la situazione soggettiva dell’agente, al fine di comprendere la sussistenza o non della necessità della condotta.

Per cui la condotta di intrusione sanzionata a norma dell’articolo 671 del Codice penale perde la sua rilevanza penale solo quando questa è agita in stato di necessità (articolo 54 del Cp) e a tutela del minore (articolo 51 del Cp).

Avv. Margherita Cammarata